IL REGNO DEL FANTASY: "TORRE DEGLI AUTORI" - ANITA TECLA
Oggi, in occasione della Giornata Internazionale del Fantasy, vogliamo celebrare questo genere con le parole e la visione di una giovane voce del panorama italiano: Anita Tecla, autrice urban fantasy e creatrice della saga Lunar Chronicles.
Abbiamo realizzato una mini-intervista in sei domande per farci raccontare da lei cosa significa scrivere fantasy oggi, quali influenze hanno segnato il suo percorso creativo e cosa si nasconde tra le righe delle sue storie.
1. Raccontaci qualcosa di te e di quando hai capito che il fantasy sarebbe stato il tuo genere. C’è stato un libro, un film o un momento che ti ha acceso la scintilla?
Fin da bambina sono sempre stata affascinata dalle fiabe. C'erano animali parlanti, draghi sputafuoco, streghe con poteri straordinari, mondi incredibili, che prendevano vita nelle musicassette che ascoltavo per ore e ore. Quelle storie mi facevano sognare a occhi aperti. Con il passare del tempo, le fiabe sono diventate cartoni animati (oggi li chiameremmo anime) e da lì il passo verso manga, fumetti e libri è stato veloce, quasi naturale.
Il primo vero incontro con il fantasy, però, è arrivato con Harry Potter. Avevo più o meno la stessa età di Harry quando ho iniziato a leggere la saga, e forse è stato proprio questo a farmi sentire così coinvolta: crescevo insieme a lui, pagina dopo pagina. Quel mondo magico, nascosto dentro il nostro, mi sembrava reale, possibile. Da allora il fantasy non è più stato solo un genere: è diventato il mio rifugio.
2. Che tipo di fantasy scrivi e perché hai scelto proprio quel sottogenere?
Ho scelto di scrivere una saga urban fantasy perché mi affascina l’idea che il soprannaturale possa esistere proprio accanto a noi, nascosto tra le pieghe della realtà. Mi piace immaginare che la magia non appartenga a un mondo lontano, ma che faccia parte del nostro, semplicemente celata agli occhi di chi non sa vedere. C’è qualcosa di irresistibile nell’unire ciò che è familiare a ciò che è straordinario, nel rendere il quotidiano teatro di eventi impossibili. Ricordo ancora, infatti, la sensazione che provavo passeggiando per le strade di Seoul: ogni angolo sembrava custodire un segreto. Mi piaceva immaginare che dietro una porta anonima si nascondesse uno stregone, che un passante potesse in realtà essere un gumiho sotto mentite spoglie, o che tra la folla si aggirasse un mannaro dagli occhi dorati.
3. Quali autori stranieri o italiani ti ispirano o ti hanno colpito di recente?
Facci scoprire voci fantasy straniere e italiane che vale la pena leggere!
Qui tocco un tasto un po’ dolente: ultimamente faccio fatica a trovare libri fantasy che mi coinvolgano davvero, che riescano a emozionarmi come quelli che leggevo durante l’adolescenza. È anche per questo che ho iniziato a scrivere, mi sono detta: “Se non riesci più a trovare una storia che ti appassioni, forse è il momento di provare a crearla tu”. E così ho deciso di dare voce alle storie che avrei voluto leggere, ma che sembravano non esistere più.
Per questo motivo, quando consiglio dei fantasy, finisco spesso per tornare ai grandi classici che mi hanno fatto innamorare del genere: Il Signore degli Anelli, Le Cronache di Narnia, Harry Potter, Queste Oscure Materie ed Eragon di Christopher Paolini, che mi ha colpita per la sua capacità di costruire un mondo vasto e coerente, scritto tra l'altro in età molto giovane.
Tra gli autori italiani, mi sento invece di citare Licia Troisi, una delle voci più rappresentative del fantasy italiano contemporaneo, con le sue numerose saghe ambientate nel Mondo Emerso e Francesco Dimitri, che ha saputo dare un tocco urbano e psicologico al fantastico con opere come Pan.
4. Se potessi portare una sola cosa del tuo universo fantasy nel mondo reale, quale sarebbe? Un oggetto, un incantesimo, una creatura, una regola magica…
La mia saga, Lunar Chronicles, è un urban fantasy ambientato in Corea del Sud e ispirato alle leggende asiatiche che più mi affascinano. È un mondo in cui il soprannaturale è potente, oscuro e spesso spietato. I vampiri non brillano, i mannari non sono teneri cuccioli e i demoni non cercano redenzione. La violenza e l’istinto dominano molte delle creature che lo abitano, e proprio per questo non sono sicura di voler portare qualcosa di quel mondo nella realtà.
Tuttavia, se proprio dovessi scegliere, direi che un bel mannaro che fa le fusa come un gatto, o una volpe a nove code che mi porta i cinnamon rolls ogni mattina, potrebbero essere un ottimo compromesso.
5. Qual è la sfida più grande che affronti come autore fantasy emergente in Italia? Una riflessione sincera sul panorama editoriale, il pubblico o la promozione.
Anche se mi sono affacciata al panorama editoriale da poco meno di un anno e mezzo e sono un’autrice self, ho già raggiunto traguardi che non avrei mai immaginato: interviste radiofoniche, presentazioni in libreria, più di settecento copie vendute e persino una collaborazione con un noto gioco di ruolo italiano. Sono risultati che mi rendono profondamente grata e fiera del percorso che sto costruendo, in cui ho investito tempo, passione e non pochi sacrifici.
La vera sfida, però, è un’altra: il pregiudizio.
Il fantasy italiano viene ancora troppo spesso snobbato o relegato a “genere di serie B”. È visto come qualcosa di infantile o poco serio, un’etichetta dura da scrollarsi di dosso, soprattutto per chi sceglie la strada dell’autopubblicazione. Forse è un’utopia, ma io credo davvero che il fantasy possa, e debba, essere considerato un genere maturo, capace di parlare della realtà attraverso l’immaginazione, di trasmettere valori profondi, di lasciare riflessioni durature. Con le Lunar Chronicles spero, nel mio piccolo, di contribuire a cambiare questa percezione. Perché il fantasy, quello fatto con cuore e testa, non è solo evasione: è una lente potente con cui guardare e raccontare il mondo.
6. Lasciaci con una citazione (tua o altrui) che per te rappresenta l’anima del fantasy.
“Le fiabe sono più che vere: non perché ci dicano che i draghi esistono, ma perché ci dicono che i draghi possono essere sconfitti.” citazione ispirata a Chesterton, resa celebre da Neil Gaiman.