ANALISI CRITICA: "I VIAGGI DI GULLIVER IN VARI PAESI LONTANI DEL MONDO" di Jonathan Swift




Eccoci qui Amici Lettori a inaugurare una nuova rubrica del Blog: "Analisi critica della Letteratura classica".
Ci sono molti romanzi nel panorama letterario classico italiano e straniero che vale davvero la pena di conoscere meglio e allora abbiamo deciso di dare il via a questa nuova avventura qui sul Blog.

Il primo romanzo di cui ci parlerà il nostro nuovo collaboratore, Dante Wolf, che ringraziamo sin da ora per le sue opinioni, è il libro di Jonathan Swift "I viaggi di Gulliver in vari paesi lontani del mondo". 


Nella storia del naufrago Gulliver, errabondo in terre popolate da esseri incredibili, Swift irride l'infinita vanità della ambizioni umane e prospetta, con intuizione moderna, la relatività di ogni valore. A Lilliput, dove le cose del mondo sono ridotte a proporzioni minime, Gulliver può sentirsi un semidio. A Brobdingnag, fra i giganti, la condizione di uomo è da lui sofferta in tutta la sua drammatica piccolezza.


Viaggi di Gulliver in vari paesi lontani del mondo, meglio conosciuto come I Viaggi di Gulliver, è sicuramente l’opera più importante non solo della letteratura inglese ma anche mondiale. Nasce dalla penna di Jonathan Swift, pastore anglicano, scrittore e poeta satirico irlandese, vissuto tra il 1667 e il 1745. Fu pubblicato una prima volta nel 1726 e successivamente nel 1735 in un’edizione completamente riveduta.

Il romanzo è scritto sotto forma di “diario di bordo” e narra le vicissitudini di Lemuelle Gulliver, medico di bordo inglese (nell’ultimo viaggio ricoprirà il ruolo di capitano), durante i suoi quattro viaggi in quattro posti strani e fantastici in giro per il mondo, che egli compie in un periodo di circa 15 anni (1699 – 1715). Ogni viaggio ha una storia è una tematica a sé.

Nel primo viaggio, la nave dove Gulliver presta servizio naufraga nell’oceano indiano, tra l’Indonesia e l’Australia, durante una tempesta. Gulliver si risveglia legato sulla spiaggia dell’Impero di Lilliput, i cui abitanti sono alti dai 15 ai 20 cm. Lo trasportano nella capitale a bordo di un carro costruito su misura per lui e qui fa la conoscenza dell’imperatore e della sua corte. Gulliver entrerà subito nelle grazie del sovrano e questi in cambio dell’ospitalità gli chiederà alcuni favori, tra cui fermare la flotta dell’Impero rivale di Blefuscu con cui sono in guerra da anni. Tuttavia Gulliver smetterà di aiutarli dopo aver saputo lo sciocco motivo per cui da anni sono in guerra (In quale verso spaccare l’uovo per mangiarlo!!!). Ma la goccia che farà traboccare il vaso sarà quando spegnerà l’incendio al palazzo reale… urinandoci sopra!!! Questo scatenerà anche l’indignazione della regina. Gulliver sarà condannato alla cecità, ma un ministro rimasto suo amico riuscirà ad avvisarlo in tempo e a farlo scappare.

Nel secondo viaggio, nell’Oceano Pacifico tra l’America e l’Asia, Gulliver viene abbandonato dai suoi compagni di viaggio su un’isola dopo aver scoperto che questa è abitata da uomini giganteschi che arrivano intorno ai 20 metri d’altezza (e qui cambia la proporzione con gli abitanti di Lilliput, da 1:12 si passa a 12:1). Verrà catturato da un contadino che lo porta a casa sua, dove sarà accudito dalla figlia. Il contadino lo porterà in giro per le fiere del paese per farlo esibire come folletto danzante fino a quando la cosa non giunge alle orecchie dei sovrani locali che lo convocano alla capitale. Gulliver vivrà a corte dove avrà per casa una scatola arredata e racconterà all’imperatore della sua patria e dell’Europa, ma il sovrano essendo ignorante in materia politica definirà gli Europei come "la più pericolosa razza di piccoli odiosi parassiti che abbiano mai strisciato sulla superficie della Terra". Durante una passeggiata sulla spiaggia la scatola-casa in cui è chiuso viene catturata da un’aquila gigante e lasciata in mare, dove sarà raccolta da un veliero diretto verso l’Inghilterra.

Nel terzo viaggio la nave su cui viaggia Gulliver viene catturata dai pirati al largo dell’India. Gulliver viene fatto prigioniero e lasciato su un’isola deserta, ma sarà recuperato da un’isola volante, Laputa. Gli abitanti sono un popolo di scienziati che riescono a far volare l’isola mediante una grossa specie di calamità attirata dal campo magnetico delle isole che fanno parte del dominio del re di Laputa. Gulliver visiterà Lagado, la capitale dell’isola di Balnibarbi, sede dell’harem del re e della famosa Accademia dove gli scienziati sono impegnati nelle più strambe ricerche (come ad esempio estrarre i raggi del sole dai cetrioli o cibo dalle feci!!!). Farà poi visita all’isola di Glubbdubdrib, governata da uno stregone necromante, che lo metterà in contatto con grandi personaggi del passato come Alessandro, Aristotele, Omero, Giulio Cesare etc. e infine si recherà a Luggnagg, l’isola degli immortali (struldbrug) che arrivati agli 80 anni sono destinati a rimanere ai margini della società a causa della vecchia che li consuma sempre di più. Da qui si recherà in Giappone con un commerciante e da li farà ritorno in Inghilterra.

Nel quarto viaggio, Gulliver diventa capitano di un vascello. Ma durante il viaggio ci sarà un ammutinamento dell’equipaggio che lo lascerà su un’isola a largo del Madagascar in Africa. La popolazione dell’isola è una razza di cavalli dotati di ragione, gli Houyhnhnm, che dominano su una popolazione di esseri umani dall’aspetto brutale e animalesco, gli Yahoos. Gulliver viene, ovviamente, scambiato per uno di loro, ma i cavalli ben presto si accorgono che lui ha qualcosa di diverso rispetto agli altri yahoos, come il fatto di non avere peli, di indossare vestiti e soprattutto di essere dotato di ragione. Gulliver spiega loro che tutto il mondo è dominato da questi esseri e che i cavalli vengono impiegati in guerra e nella vita quotidiana. Per tutto il tempo che rimarrà sull’isola racconterà come vivono e come ragionano. Provato dal comportamento selvaggio degli yahoos, Gulliver è sempre più cosciente dell’inferiorità della razza umana, al punto di voler rimanere con i cavalli e non voler tornare più a casa. Ma i cavalli gli fanno osservare che se anche lui è diverso rispetto agli yahoos dell’isola, rimane pur sempre uno di loro e quindi non potranno mai fidarsi. A malincuore, Gulliver e costretto a lasciare l’isola e tornare in inghilterra.

Questo romanzo rispecchia non solo il pensiero di Swift, ma anche e soprattutto la sua personalità. Molto anticonformista, per l’epoca in cui scrive, dove la carta stampata aveva il potere che hanno internet e i social oggi. Swift deve essere stato un vero e proprio “influencer” all’epoca. Oggetto della sua satira era la politica e la società inglese ed europea di allora.

Il romanzo riprende il tema del viaggio, un tema affrontato dai tempi dell’Odissea di Omero. Non a caso I Viaggi di Gulliver è stato pubblicato pochi anni dopo la pubblicazione di un altro famoso classico nato dalla penna di Daniel Defoe, Robinson Crusoe. I viaggi per mare sono molto frequenti nelle opere scritte tra il 600 e il 700, anche perché è in questi due secoli che sono frequenti le esplorazioni di nuove terre, paesi immaginati solo nella mente degli uomini, popolati da individui bizzarri. Il tema del viaggio come scoperta non solo geografica, ma anche interna, perché l’uomo venendo a contatto con diverse culture accresce il suo bagaglio di conoscenze, il suo spirito critico e il suo modo di pensare. Questo cambiamento possiamo trovarlo appunto in Robinson Crusoe o nel Vecchio Marinaio della celebre ballata di Samuel Coleridge, ma anche in Gulliver stesso, solo che quest’ultimo, a differenza dei primi due, cambierà in peggio.

Durante i loro viaggi gli esploratori erano sempre alla ricerca di quei regni o quelle terre raccontate solo nelle cronache medievali, che immaginavano manne dal cielo, fiori come diamanti e esseri strambi e immortali. Quante volte cercavano quelle civiltà utopiche come l’Atlantide di Platone o la Città del Sole di Tommaso Campanella, con la loro società perfetta e avanzata. Ma, ahime, secondo Swift l’utopia non esiste, e anzi sembra che su questo ha anticipato quella che sarà la distopia di George Orwell.

Come detto in precedenza ogni viaggio ha una storia e una tematica a parte. I lillipuziani sono una vera e propria caricatura degli inglesi dell’epoca, un grande ma piccolo popolo. Infatti i lillipuziani sono descritti come colti e raffinati, ma troppo pieni di sé, consumati da quell’orgoglio che da anni li porta ad essere in conflitto per un uovo con i vicini blefuscuniani, una rivalità che ricorda molto quella tra Francia e Inghilterra in quegli anni. Assomigliano molto alla società inglese per come viene descritta la loro società, persino i due partiti del regno, i “Tacchi alti” e i “Piedi a punta”, ricordano i partiti inglesi dei “Whig” e dei “Tories”, detti scherzosamente. Una politica assurda per uomini piccoli.

A Brogdignag la situazione cambia. Gulliver si comporta proprio come i lillipuziani parlando con orgoglio del suo popolo e dell’Europa ad un sovrano colto ma ignorante in materia politica e nell’arte della guerra (infatti di indigna quando Gulliver gli suggerirà di impiegare armi da fuoco e d’assedio nel proprio esercito). Caricatura dei coloni inglesi d’America i Brogdignaiani?

I laputiani sono un popolo di scienziati, esperti in vari settori, dall’astronomia alla chimica, ma inefficienti a livello pratico per via delle loro strambe ricerche. Certo Swift era un pastore anglicano, un uomo di chiesa e quindi con le arti scientifiche non aveva certo un buon rapporto, in un’epoca in cui stavano sbancando, ma ancora imperfette per via degli strumenti non ancora del tutto efficaci. Tra l’altro non si parlerà di scienziati prima dell’800, ma all’epoca sono ancora filosofi, e conoscendo i filosofi, troppa teoria e poca pratica, l’autore avrà giocato su questo. Non manca il tema della storia come “maestra di vita”, di come i grandi personaggi sono diventati tali grazie anche ad una vicenda che ha coinvolto un piccolo personaggio, un nobile di poco conto, un popolano o un soldato e l’immortalità a cui ogni uomo ambisce, ma che alla fine sembra essere più una condanna che un dono, poiché gli immortali a 80 anni vengono emarginati dalla società a causa del loro deperimento sia fisico sia mentale.

Ma il tema più forte è quello dell’ultimo viaggio. Swift sulla sua tomba aveva fatto incidere questa frase “Amato, non amante”, ovvero che lui ha amato la singola persona ma ha odiato l’umanità nel suo genere. Questo già fa pensare di come l’autore abbia disprezzato l’essere umano per quello che è davvero, un animale pensante, ma che non ha mai abbandonato i suoi istinti naturali. Il fatto che venga scelta proprio la figura del cavallo come dominatore è perché non solo è uno degli animali più intelligenti sulla terra, ma anche perché all’epoca era il più nobile e veniva utilizzato in tante occasioni nella vita quotidiana. Nel comportamento degli yahoos, Gulliver è come se avesse intravisto quello degli umani con i loro vizi, sebbene non così selvaggio, tanto è vero che quando tornerà a casa, sentendo la nostalgia dei cavalli saggi andrà a vivere nella stalla pur di non sentire la puzza degli umani.

Ma alla fine Swift, alias Gulliver, in una lettera non negherà la superiorità del popolo inglese, il primo a tagliare la testa ad un sovrano (ma la rivoluzione inglese è stata una rivoluzione borghese ecco perché a differenza di quella francese non è considerata “rivoluzionaria”), sia nei suoi pregi che nei suoi difetti ed è questo il succo principale della satira. Caro Swift, così si fa e non bisogna prendersela. Non è che oggi le cose siano migliorate, anzi peggiorate!

A CURA DI