RECENSIONE: "MAESTRE" di Carolina Capria
Benedicta ha letto per noi il romanzo di Carolina Capria Maestre edito Harper Collins.
Carolina Capria ci prende per mano e ci porta in un viaggio al femminile attraverso figure di autrici che hanno segnato la sua vita e il suo modo di pensare. Per Capria è importante dimostrare come le connessioni al femminile sono quelle che non solo possono unire e rafforzare le donne, ma possono anche provenire da legami non “biologici”, come succede anche alle eroine dei libri da lei citati.
Con delicatezza, l’autrice intreccia tra le vite delle grandi scrittrici e delle loro protagoniste anche scorci della propria vita e le consapevolezze che cambiano anche a una seconda, terza lettura dello stesso libro, sottolineando come esperienza di vita ed età diverse possono portare a far capire diverse sfaccettature della stessa situazione.
Leggere “Jane Eyre” a sedici anni, per esempio, è diverso che leggerlo a quarantaquattro e ti porta a capire varie trasformazioni interiori che si fanno nel corso della vita.
Per iniziare questo viaggio nella sorellanza e nell’unione che deve, o dovrebbe, caratterizzare i rapporti fra donne, l’autrice racconta del “Nüshu”: una forma di scrittura creato e usato esclusivamente da donne, nato nella Cina meridionale tra il Settecento e l’Ottocento e utilizzato fino al 1907. Per comunicare queste donne scrivevano, grazie alla cenere grattata via dalle pentole, questi simboli su qualsiasi cosa avessero sottomano: ventagli, fazzoletti, manufatti. Tutto questo per essere solidali tra loro perché, sottolinea Capria, “Scrivendo, tanta sofferenza sparisce”.
E così si parte per la visita a questo mondo al femminile sotteso di solidarietà, che porta all’indipendenza e alla libertà, sempre analizzato in maniera lucida, sottolineando anche gli aspetti più bui della vita della scrittrice assunta a “maestra”.
Si parte con Jane Austen che “con gentilezza e discrezione ha insegnato alle sue lettrici in che modo allargare le maglie fitte delle norme sociali che impedivano loro di muoversi”. Una scrittrice ribelle che aveva deciso che le protagoniste delle sue opere dovevano essere fiere, coraggiose e per nulla mansuete.
Charlotte Brontë e le sue sorelle ricordano a Capria una congrega di tre streghe, come quelle della nota serie tv che fondano la loro forza nelle connessioni della sorellanza. Proprio a causa loro l’autrice di questo librosi è tatuata un rametto di erica, proprio per esprimere quello che Charlotte, i suoi libri e quelli delle sorelle hanno significato per lei.
Con Margaret Mitchell si entra in qualche zona di ombra che Capria non manca di sottolineare. In “Via col vento”, infatti, ha romanticizzato la schiavitù, anche se ha criticato con asprezza il sessismo di cui le sue protagoniste sono vittime.
La figura di Toni Morrison e del suo modo di scrivere “indiscutibilmente nero”, come lo aveva etichettato lei stessa, irrompe in tutta la sua potenza verso la fine di questo libro. Afroamericana, vincitrice del premio Nobel per la letteratura nel 1993, nelle sue pagine scorrono le vite di protagoniste nere e schiave. Con una prosa dura Morrison ci racconta attraverso i suoi ricordi come erano le condizioni dei neri in America nei primi anni del Novecento.
Goliarda Sapienza chiude la sfilata delle mentori per la Capria. Non molto conosciuta in Italia, finora, ma famosissima all’estero, è l’autrice del libro “L’arte della gioia”, da cui è stata tratta una serie tv proprio in questo periodo. Sulla figura di questa scrittrice c’è molto da dire. Nata in una famiglia particolare e impegnata politicamente, ha iniziato la sua carriera come attrice per arrivare alla stesura di racconti e romanzi molto più in là. La sua è una scrittura figlia del dolore e delle perdite che Goliarda aveva vissuto in prima persona da quando era bambina. Da tutto questo è scaturita la figura della sua protagonista Modesta, fiera donna che deve e vuole apprendere e praticare l’arte della gioia durante la vita e per fare questo non esita anche ad uccidere. Le sue varie rinascite nel corso della sua iniziazione nascono anche e soprattutto dall’odio.
Tutte queste persone sono unite da un filo rosso che vede una unità di donne che hanno stretto dei legami, biologici o meno, e che hanno fatto della totalità l’arma per far emergere la loro forza e il loro valore.