RECENSIONE: "L'ULTIMA FESTA DEI SAPIENS" di Tommaso Faragò
La dottoressa Biotech ha letto per noi L'ultima festa dei sapiens scritto da Tommaso Faragò edito da Dark Abyss Edizioni
Tre storie, tre istanti, un unico pianeta dall’ecosistema distrutto. Sulla Terra arsa dalla febbre causata dal Sapiens il tempo scorre, le vite si spengono, nuove razze sorgono, ma gli interrogativi dell’umanità che ha calpestato quelle sabbie che un tempo erano prati non sono ancora placati. Un’opera intesa, filosofica, graffiante.
Queste
tre brevi storie raccontano di un mondo devastato dall’uomo, anzi, più
esattamente dal Sapiens, l’uomo evoluto che ha avuto il compito nel corso degli
anni di civilizzare il pianeta in cui vive, di fare scoperte, di fare passi da
gigante nel campo della tecnologia. Ma tutto questo porta a conseguenze ben
precise: la Terra è devastata, come se fosse tornata indietro nel tempo, quando
non c’era nulla, né tecnologia, né comodità, né servizi.
Una
Terra sulla quale, se ti ammali, muori. Se ti ferisci, muori. Se ti attaccano,
muori.
Tre
storie che ci mostrano come l’uomo, che non è in grado di avere cura della
“casa” in cui vive, la porti pian piano alla distruzione.
Nella prima storia, “Il ricordo del Sapiens” seguiamo la vita di un uomo su questa Terra devastata, la sua continua lotta alla sopravvivenza mentre in lui resta vivo il ricordo di ciò che fu: un uomo che aveva tutto quello che si può desiderare della vita, e che ha perso tutto ritrovandosi ad essere solo.
Nella
seconda storia, “Antico futuro”, ci imbattiamo nella “Brigata degli Orfani”, un
gruppo di ragazzi nati e cresciuti in bunker sotterranei, rimasti orfani e che
vengono ingaggiati come veri e propri soldati per cercare di trovare la strada
per un futuro migliore.
Nella terza storia, “Un eterno sogno” siamo spettatori di ciò che era e che non è più.
“L’ultima
festa dei Sapiens” è una raccolta di tre racconti che, nonostante la loro
brevità, riescono a trasmettere concetti attuali, profondi, devastanti.
Ci
viene mostrato un mondo distrutto dalla troppa ingordigia dell’uomo, dalla sua
necessità di dimostrarsi l’essere padrone di questa Terra, dalla sua arroganza
nel considerarsi superiore e onnipotente in confronto a tutti gli altri esseri
viventi esistenti. Un uomo che non ha rispetto per la propria Terra, che
arrivata ad un certo punto decide di non subire più passivamente le angherie
dell’essere che ha accolto, e decide di vendicarsi con l’unico modo che
conosce: scatenandogli contro la natura in tutta la sua forza.
In tutte e tre le storie ad un certo punto appare una figura ben precisa: un ominide selvaggio, senza vestiti, con una clava in mano, incapace di parlare o capire, che sembra saper comunicare solo con l’aggressività. E ogni volta che si palesa, i nostri protagonisti restano allibiti, scioccati, come se non sapessero chi è quel “mostro”, ignorando il fatto che quel mostro rappresenta proprio loro, com’erano quando tutto ebbe inizio, e come non sono più grazie all’evoluzione.
Una lettura davvero illuminante, che tutti dovrebbero leggere, per riflettere sul fatto che anche il più semplice gesto come può essere quello di gettare una carta a terra può fare la differenza. Che l’uomo non è padrone della Terra, e che se la tratta con rispetto anche lei lo rispetterà.
A CURA
VOTO