RECENSIONE: "LE RUNE DI LEIF" di Carlo Cavazzuti


Il nostro Dante Wolf ha letto per il blog il romanzo Le rune di Leif di Carlo Cavazzuti edito Saga Edizioni. Leggiamo insieme la sua recensione e vediamo cosa ne pensa.


Leif Gnupasson sogna di combattere a fianco dei suoi fratelli vichinghi, ma un giorno, durante una partita di hok, un corvo – che solo lui può vedere – sconvolge completamente le aspettative sul suo fato. Questa è solo la prima di cinque visioni che sconvolgeranno, negli anni, la sua vita. Assieme a Þora, sua cugina, si reca dalla volva Gilla, a chiedere numi sulla sua visione. Con ella scoprirà di essere in un rapporto privilegiato con gli Æsir. Essi hanno altri piani per lui, in particolare, il Viandante, Óðinn. Sono tante le vite che Leif vive e quelle che gli Dei scrivono sulla sua strada. Viaggi di potere, di misticismo e di legami di sangue – e non – che lo faranno attraccare a terre sconosciute e gli faranno conoscere culture, tradizioni e lingue diverse, che partono da Leksivfalla, suo paese natale in Norvegia, per giungere infine a Costantinopoli.


ringraziamo la casa editrice per la copia digitale omaggio


Le rune di Leif, è un romanzo storico edito da Saga nel Settembre 2021, facente parte della collana Bifrost. L’autore è Carlo Cavazzuti, fotografo con la passione per la scherma, di cui ne è anche insegnante, che è stato anche autore di sceneggiature per documentari e cortometraggi.

Leif Gnupasson, vichingo, ormai anziano e residente da anni a Costantinopoli dove si dedica al commercio, si ritrova a raccontare la sua storia alla nipotina. Narra dell’infanzia nel suo villaggio natio di Leksivfalla, (forse in Norvegia) di quando giocava con i suoi amici a hok (un gioco simile al moderno hokey), quando sognava di diventare un vichingo, ma il destino volle diversamente. Infatti dopo l’incontro con un corvo, che pare solo lui possa vedere, si reca con sua cugina Pora dalla maga Gilla che gli spiega il suo legame con gli Aesir, i supremi dei norreni. A questo punto il suo destino è vivere come un mago imparando a leggere le rune, ma in lui è sempre vivo il desiderio di essere un vichingo e andare per mare. E così, dopo aver ereditato una nave, la Fux, così chiamata per via della polena a testa di volpe, allestisce un equipaggio con gli amici più fidati e inizia a navigare per il mare vivendo una triplice vita da mago, predone e mercante. Tra vendette, faide, rivelazioni, nuovi popoli e terre sconosciute vivrà una vita da prescelto degli dei che lo porterà anche a una crescita, non solo fisica, ma anche interiore.

La storia si presenta ben strutturata e in ogni dettaglio, il tutto come se il vecchio Leif l’avesse vissuta soltanto ieri.

Molti sono i dettagli della cultura vichinga: le loro usanze funebri, le sentenze in presenza del re, gli accordi matrimoniali, i riti di partenza, la sacralità della casa e dell’ospitalità, l’alfabeto runico considerato l’unica via verso la conoscenza ma destinato a pochi, i poemi sull’origine del mondo e sul Ragnarock (l’apocalisse norrena). 

I vichinghi nell’immaginario collettivo sono considerati un popolo barbaro e rozzo. 
Tuttavia chi non conosce la loro cultura non sa che sono tutt’altro che semplici razziatori. È un popolo molto acuto e pragmatico, con delle leggi precise, che tiene molto all’onore, alla famiglia e ai beni. E il protagonista Leif rincarna queste qualità alla perfezione. Il tipico vichingo con il viaggio nel sangue, pronto a sfidare il fato per muoversi verso l’ignoto, toccando le parti più remote della terra, perfezionando anche il mestiere di mercante ereditato dal padre. Insomma elementi storici e fantastici che fanno da cornice a un’opera che riprende in eredità le antiche saghe nordiche trasmesse oralmente.

A CURA DI
VOTO