RECENSIONE: "L'ULTIMO GIORNO DI UN CONDANNATO A MORTE" di Victor Hugo
Buon venerdì Amici Lettori e ben trovati.
Oggi la nostra Dott.ssa Biotech ci racconterà qualcosa sulla sua ultima lettura: "L'ultimo giorno di un condannato a morte" di Victor Hugo.
Buona lettura.
È anonimo l'autore che, nel 1829, dà alle stampe questo
piccolo, gigantesco libro. Ma è inconfondibilmente Victor Hugo. Sono anni in
cui il progresso sembra trasportare l'umanità intera, sul suo dorso poderoso,
verso un futuro di pace, prosperità, ricchezza e fratellanza. Ma negli stessi
anni si tagliano ancora teste davanti a un pubblico pagante, si marcisce in
carcere, ci si lascia morire per una colpa non sempre dimostrata oltre ogni
ragionevole dubbio. Hugo parla a nome dell'umanità, come sempre, e lo fa
attraverso la voce di un uomo qualunque, di un condannato qualunque, di un
miserabile che rappresenta tutti i miserabili di tutte le nazioni e tutte le
epoche. Un crimine di cui non conosciamo i dettagli lo ha fatto gettare in una
cella. Persone di cui non conosciamo il nome dispongono della sua vita, come
divinità autoproclamate. Un'angoscia di cui conosciamo fin troppo bene la lama
lo tortura, giorno dopo giorno, e gli fa desiderare che il tempo corra sempre
più veloce. Verso la fine dell'attesa, venga essa con la liberazione o con
l'oblio.
“L’ultimo giorno di un condannato a morte” racconta le
ultime, angosciose ore d'attesa di un condannato alla ghigliottina, accusato di
omicidio, nel regno di Francia. Mentre la folla eccitata, aspetta che egli
venga ghigliottinato in pubblico nella piazza, il protagonista ripercorre la
sua vita.
Il libro si divide in tre parti: la prima con una
prefazione abbastanza esaustiva su quello che è stata la pena di morte in
Francia; nella seconda assistiamo a un dialogo tra diversi personaggi che
parlano tra di loro proprio del libro in questione, criticandone la crudità;
nella terza parte leggiamo finalmente ciò che ha da dirci il nostro condannato.
Nel romanzo di Hugo ci troviamo di fronte a un mini
diario, in cui capitolo dopo capitolo percepiremo sempre più quel mix di
angoscia e terrore che attanaglia il protagonista, un uomo accusato per
qualcosa che non ci viene dato sapere, e condannato alla pena di morte, una
morte che non arriverà subito ma dopo sei settimane, periodo in cui giorno dopo
giorno la consapevolezza di una morte certa fa ripercorrere al condannato
sprazzi della sua vita passata, mentre cerca di trovare, ad ogni costo, una possibile
via di fuga.
Lo stato d’animo del condannato è qualcosa che fuoriesce
dalle righe e penetra nel lettore nel profondo, rendendolo partecipe dei mille
interrogativi che possono sorgere in un uomo poco prima della sua morte, in un
uomo che sa di dover morire.
Pagina dopo pagina ci si rende conto di quanto sia
terribile non tanto la consapevolezza che si sta per morire, quanto la tortura
psicologica cui l’attesa sottopone il nostro protagonista, sapere di stare per
morire ed essere impotenti di fronte a ciò, dover accettare di vedere la
propria vita finita per volontà di altri e non poter fare nulla per modificare
la propria condizione.
Nel romanzo emergono aspetti raccapriccianti, come la
volontà di esaudire gli ultimi desideri del condannato, come a voler indorare
la pillola, come se costui potesse, dopo la sua esecuzione, beneficiarne.
Hugo ha saputo sottolineare alla perfezione l’ipocrisia
che aleggia intorno alla pena di morte, sia nella figura dei gendarmi che
scortano il condannato verso la piazza in cui si terrà l’esecuzione, sia nella
figura del prete, un uomo che dovrebbe lenire le pene spirituali di un uomo in
punto di morte e che invece si limita semplicemente a seguire un copione
imposto dalle circostanze.
“L’ultimo giorno di un condannato a morte” è una critica
nuda e cruda, riga dopo riga, a chi (Stato o persona) crede di poter disporre
della vita altrui a proprio piacimento. Niente o nessuno dovrebbe avere il
diritto di decidere della vita altrui!
Questo libro ha saputo trasmettermi alla perfezione
l’angoscia del protagonista, come se ci fossi stata io in quella cella, ad
aspettare la morte!
VOTO: