RECENSIONE: "ROGOREDO, LA RAGAZZA DEL BOSCO" di Michele Agosteo
Buon Mercoledì Wolves.
La nostra Dott.ssa Biotech ha letto per noi il romanzo di Michele Agosteo "Rogoredo, la ragazza del bosco".
A voi le sue impressioni.
In questo breve romanzo, l’autore accompagna il
lettore nel mondo della tossicodipendenza riuscendo a descrivere non solo i
luoghi, le figure e le problematiche, ma anche le fragilità più nascoste di
chi, vivendo nella tossicodipendenza, teme il giudizio, si vergogna del suo
stato e cerca di mostrarsi anche per quello che non riesce ad essere. In
particolare, la protagonista della vicenda, non è solo la giovane che frequenta
il bosco della droga mischiandosi a loschi figuri, ma anche la ventenne che
desidera avere un aspetto curato e delicato che ogni giovane donna vorrebbe
avere.
Una storia ambientata nei pressi del Bosco della droga di Rogoredo a Milano. Una delle più grandi aree di spaccio d'Italia.
Una storia ambientata nei pressi del Bosco della droga di Rogoredo a Milano. Una delle più grandi aree di spaccio d'Italia.
“Rogoredo,
la ragazza del bosco” è un romanzo a sfondo sociale in cui si parla di una
tematica delicata e sempre attuale: la tossicodipendenza.
Il
protagonista è lo stesso Michele, autore del romanzo, che casualmente un giorno
nei pressi della stazione Rogoredo di Milano conosce Martina (nome di fantasia
per motivi legati alla privacy), una ragazza poco più che ventenne, che
abitualmente si reca nel boschetto adiacente alla stazione, chiamato “Bosco
della droga” o semplicemente “Bosco”, in cui avviene indisturbato lo spaccio di
droga. Attraverso il suo racconto, l’autore riesce a farci vedere, attraverso
gli occhi di chi non fa uso di sostanze, i conflitti interiori di chi ha una
dipendenza, che vorrebbe essere forte, ma che alla fine sceglie sempre la
strada più facile.
Quella
della tossicodipendenza è una tematica delicata, dalle mille sfaccettature, di
cui si parla sempre con timore, non sapendo bene fino a che punto potersi
spingere per non urtare la sensibilità altrui. L’autore riesce benissimo a
raccontarci il mondo della dipendenza da sostanze, soffermandosi maggiormente
su quelli che sono gli aspetti più comuni osservati nelle persone che ne fanno
uso: insicurezza, bugie, richieste continue di soldi, il voler sembrare a tutti
i costi diversi da ciò che si è.
Esistono
due classi di persone che fanno più facilmente uso di sostanze: persone
“ricche”, che il più delle volte iniziano ad usarne perché viziati, per noia o
semplicemente per dare un pò di brio alla loro vita; ragazzi/adolescenti, per
lo più, a volte per sentirsi “fighi” agli occhi degli altri, a volte perché si
trovano a fare i conti con le diverse sfide che la vita gli mette di fronte, e
non avendo la forza di lottare trovano nelle sostanze una temporanea via di
scampo.
La
maggior parte degli adolescenti che cadono in questa rete molto spesso ha delle
situazioni familiari non proprio idilliache: hanno un solo genitore perché
l’altro è morto oppure se ne è andato abbandonando coniuge e prole (quelli per
il lutto e per l’abbandono sono tra i dolori più difficili da superare), hanno
genitori che passano tutto il tempo a litigare anche davanti a loro, o che si
sono separati in malo modo, o che semplicemente vivono la loro vita come se non
avessero figli, non seguendoli e molto spesso abbandonandoli a loro stessi. Ma
capita anche il contrario: ragazzi di buona famiglia che si convincono a
provare a volte per curiosità, a volte perché spinti da compagnie che sono già
nel giro della droga. Banalmente si comincia a provare con frasi del tipo “Ma
si, cosa potrà mai succedere di male, in fondo è solo uno spinello”, ignari del
fatto che se non si ha la forza di volontà necessaria a fermarsi quando ancora
si è in tempo, presto l’effetto dello spinello non basterà più, e si vorrà
sempre di più, bisogno che inevitabilmente spinge verso sostanze con effetti
sempre più forti.
Una
volta entrati nel mondo della tossicodipendenza è molto difficile uscirne, e ci
si porta dietro anche il peso del pregiudizio. Da sempre chi fa abuso di
sostanze viene giudicato male dalla società, viene visto come un vero e proprio
“cancro” da estirpare, e raramente ci si sofferma a pensare che prima di essere
tossicodipendenti sono delle “persone”, proprio come noi, e che forse hanno
solo bisogno di aiuto. Ma aiutarle si può rivelare un compito arduo, perché in
primis, come ci insegna il famoso proverbio “aiutati che Dio ti aiuta”, occorre
innanzitutto che siano loro a voler essere aiutati. Aiutare una persona con una
dipendenza patologica è molto difficile, perché bisogna resistere ai repentini
cambi di umore, che passano dall’apatia alla disforia all’aggressività in una
frazione di secondo. Inoltre, poiché mentono con una gran facilità, bisogna
cercare di capire quelle che sono le loro reali intenzioni, cosa non facile, e
la sfida più ardua è capirlo proprio quando chiedono soldi per poter mangiare,
prendere un treno/metro/autobus o per comprarsi dei vestiti, perché c’è una
grande probabilità che quei soldi vengano spesi per acquistare una o più dosi.
State pur certi che se una persona con una dipendenza patologica si ritrova tra
le mani 20 € e una gran fame, spenderà quei soldi per la droga e non per
mangiare, eppure non riuscirebbero a fare lo stesso sacrificio al contrario, ovvero
rinunciare alla droga per procurarsi da mangiare.
D’altronde,
come afferma il titolo del famosissimo romanzo “Nessuno si salva da solo”,
tentare di uscire da soli da questo mondo è un’impresa ardua, bisogna avere una
gran forza di volontà e determinazione, ecco perché spesso la strada per uscire
dall’inferno è più sopportabile se si ha qualcuno accanto che crede in te, che ti
sprona e ti motiva, che ti fa vedere che al di fuori ci sono tutto un mondo e
una vita da vivere. Una volta usciti da giro, ovviamente, non si è fuori
pericolo, c’è un enorme rischio di ricaderci dentro, ed è qui che entra in
gioco la forza di volontà per fare in modo che ciò non accada.
Michele
è riuscito a descrivere il mondo della tossicodipendenza con semplicità,
ricchezza di particolari e soprattutto con estrema delicatezza.
Il
libro è strutturato come un diario, in piccoli capitoli che hanno come titolo
la situazione che ci verrà raccontata. La scrittura è molto semplice e
scorrevole, il linguaggio è semplice e immediato, così da far arrivare subito
al lettore il messaggio. La lettura è molto coinvolgente, i personaggi sono
caratterizzati molto bene, soprattutto quello di Martina, che ci viene
descritta sia dal punto di vista estetico sia da quello dei comportamenti,
dell’umore e dei rapporti con la sua famiglia.
Il
luogo in cui si svolge la maggior parte del racconto è il boschetto sito nelle
vicinanze della stazione di Rogoredo a Milano, luogo in cui si svolge la
compravendita di sostanze di ogni tipo, e che fu “sanificato” nel 2016 dopo una
retata in cui furono arrestati gli spacciatori, ma subito lo spaccio ha ripreso
vita, infatti Michele incontra Martina nel 2018 e la frequenta fino al momento
in cui in Italia scoppia l’epidemia da Covid. Sono molto curiosa di sapere se
ci sarà un seguito di questo libro dopo la fine della pandemia, perché la
storia di Martina mi ha toccata nel profondo.
Questo
libro ha fatto sorgere in me diversi interrogativi. Come ci si può lasciare
andare in questo modo, buttare la propria vita quando si potrebbe avere tutto
ciò che si desidera? Come si fa a non rendersi conto che se si è in buona
salute si è molto fortunati, perché si può fare qualcosa nella propria vita, e
invece si sceglie di buttare via tutto con estrema facilità, senza riflettere
per un momento sul fatto che ci sono persone che invece hanno le settimane o i
giorni contati e che si vedranno negata per volontà del fato quella vita che
tanto vorrebbero poter vivere? Come si può non pensare che di vita ne abbiamo
una sola, che una volta persa non si può schiacciare il tasto “replay”, non si
può tornare indietro e non si può vivere una seconda volta per fare scelte
diverse, ma che quelle scelte possono essere fatte solo in questa che abbiamo
adesso?
Insomma,
“Rogoredo, la ragazza del bosco” è stata una lettura molto stimolante, che fa
nascere interrogativi nel lettore, che gli fa provare pena e tristezza per
Martina, per la sua situazione, per il fatto che anche con tutto l’aiuto che
Michele le dà, sacrificando i suoi bisogni pur di aiutarla ad uscire da quel
mondo, Martina sembra non rendersene conto.
Una
lettura che mi sento di consigliare a tutti, soprattutto a chi spesso disprezza
queste persone, per fargli capire quanto invece siano deboli e bisognose di
aiuto.